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ANDARE LEGGERO NEL SILENZIO DEI TUOI PENSIERI
Grande attenzione è riservata a
un personaggio: il pellegrino. Intorno a lui si sono costruiti itinerari,
luoghi di preghiera, ospizi, liturgie, leggende. Egli è una persona
che si muove su uno scacchiere europeo, qualche volta mondiale, animata
da una mistica volontà di trovare se stesso in quel fuori che è
poi dentro di lui e che troverà alla fine del suo itinerario.
L'Oratorio della Passione, presso la Basilica di S. Ambrogio (MI), è lieto di presentare un reportage fotografico
di Umberto Torromacco su uno dei più importanti pellegrinaggi che,
dall'Alto Medioevo ad oggi, hanno segnato fortemente la storia cristiana
del nostro continente: el CAMINO DE SANTIAGO (Il Cammino di Santiago).
Il percorso per immagini ha inizio in ARLES e potremmo chiamarlo il CAMMINO
ITALIANO, in quanto in quella città convenivano i pellegrini italiani
provenienti da tre direttrici di marcia: il mare Mediterraneo con approdo
ad AGDE, il Passo del Monginevro , la via AURELIA attraverso Ventimiglia.
Umberto Torromacco, ovviamente, interpreta l'animus del pellegrino, nonché
la fatica, in quel levarsi di chiese e monasteri nel cielo all'alba o
al tramonto, in quelle strade pietrose e in quei passi dove la natura
ancora oggi non è vinta e ci impone sudore. L'itinerario fedele
al tracciato del "LIBER SANCTI IACOBI" (libroV), del frate francese
Aimerico Picaud del 1140 fino a Santiago de Compostela.
Una volta in Galizia le immagini si soffermano sulla natura e sui volti
che animano quella stupenda terra in un andare da luogo a luogo fino allo
struggente addio per intraprendere la strada del ritorno.
Il Cammino di Santiago
viaggio fotografico di Umberto Torromacco
La tradizione insegna che l'apostolo Giacomo il Maggiore, fratello di
Giovanni Evangelista, dopo la morte di Cristo, con un lungo percorso nell'ovest
d'Europa, diffondesse il Vangelo nella Penisola Iberica giungendo a nord,
sino in Galizia; e, compiuta la missione, tornasse a Gerusalemme.
Nell'anno 44 venne condannato al martirio da re Erode Agrippa. Alcuni
discepoli sottrassero le spoglie di Giacomo e le trasferirono su una barca
che prese il mare e navig "guidata da un angelo", sino a raggiungere
le sponde iberiche di Iria Flavia, oggi Padròn. Il tempo intreccia
storia e leggenda ma alcuni testi, già nel VII e VIII secolo, documentano
il sepolcro di San Giacomo in terra spagnola. Intorno all'anno 813 un
eremita, Pelagio, ravvede ogni notte una stella che illumina, quasi fosse
un segnale, un campo. Diviene quello il campo della stella, campus stellae,
ed è chiara l'etimologia di Compostela. Un sogno premonitore, anzi
l'apparizione di San Giacomo che invita a ritrovare il sepolcro, muove
l 'eremita alla scoperta della sepoltura, grazie all'intervento del vescovo
di Iria Flavia, Teodomiro. Il mondo cristiano, in difficile rapporto con
l'avanzata araba, favorì il culto di San Giacomo, onorando il martire
con una prima chiesa di culto e con pellegrinaggi sempre più frequenti,
rafforzando il baluardo di presenze e fede in contrapposizione al propagarsi
delle dottrine islamiche.
Nella prima metà del XII secolo un frate francese, Aymerico Picaud,
forse monaco cluniacense, scrisse il "Liber Sancti Jacobi", conosciuto
anche come Codice Callistino, guida del pellegrino e autentica testimonianza
storica, oggi conservato nella cattedrale di Santiago de Compostela.
Questo testo divenne basilare conforto per il viaggiatore nei secoli,
tracciando i percorsi che convergevano da tutta Europa, disegnando il
cammino, conducendo attraverso la sedimentazione di storia e leggenda,
misticismo e culto, al sepolcro del Santo. Una conchiglia è simbolo,
oppure simbolo primario tra gli altri, del pellegrino in questo viaggio.
E' la conchiglia "Pecten pilgrimea", che chiamiamo comunemente capasanta
ma che viene definita anche "pellegrina" per la consolidata tradizione
di simbologia del pellegrino e, in particolare, proprio del devoto in
viaggio per Santiago de Compostela. Le motivazioni si propongono varie
e differenziate.
E' certo che la conchiglia nell'antichità indicasse in metafora
la nascita e la vita, concetto estendibile all'anima, alla purificazione
e alla vita dello spirito. In affreschi di Pompei, come più tardi
nella pittura di Botticelli, Venere nasce da una conchiglia. La conchiglia,
o meglio il suo contenuto, configura anche il basilare nutrimento delle
popolazioni costiere, dunque vita. Ma la tradizione cristiana considerò
anche la conchiglia, nell'immagine del guscio, come simbolo della tomba
che racchiude. La struttura a raggi di questa conchiglia, si può
poi rapportare ai raggi della stella che indicò il campo di sepoltura
del Santo. E infine, occorre ricordare che tali conchiglie si rinvenivano
facilmente lungo il mare prossimo a Santiago de Compostela, là
dove pareva finire il mondo, ultima terra prima della immane distesa dell'oceano,
quel lembo ultimo denominato Finisterre che è evidente derivazione
di finis terrae. Là si recavano i pellegrini a conclusione del
viaggio e la tradizione vuole che raccogliessero una conchiglia a testimonianza
della meta raggiunta.
La conchiglia diviene allora simbolo del pellegrino e pubblica professione
di fede, contraddistingue il viaggiatore e il sentimento del cammino,
assurge a emblema e lasciapassare lungo le tappe di percorso e le soste
di ristoro. Il cammino di Santiago dunque trae origini dal nono secolo,
diffondendosi la notizia e l'ufficialità del ritrovamento delle
spoglie dell'Apostolo, divenendo poi fervente consuetudine dei cattolici
europei, che raggiungono Santiago de Compostela da diversi tracciati del
continente, provenendo da Nord, dall'Est, raggiungendo via mare le coste
italiane e francesi e da lì mettendosi in cammino. I pellegrini
provenienti dal Nord Europa, belgi, tedeschi e d'oltre Manica, percorrevano
la "via turonense", quella che proveniva dalla città di Tours e
attraversava Parigi, ancora oggi ricca di testimonianze di quel transito.
I devoti in viaggio da Scandinavia, Paesi Fiamminghi e estremo nord,
percorrevano la "via lemovicense" che transitava da Limoges. Dalla Borgogna
e dalle regioni centrali germaniche si procedeva lungo la "via podense",
che traeva nome da Notre Dame de Puy. Infine, la "via tolosana", derivante
il nome dalla città di Toulouse, che conduceva al passo di Somport
e, da qui, immetteva nel vero e proprio "Camino de Santiago" in terra
spagnola.
Era questa la via più consona ai pellegrini provenienti dall'Italia
e indicava un punto di aggregazione nella città di Arles. Una variante
indotta dalla Storia e dalle leggendarie gesta carolinge indusse poi a
valicare i Pirenei affrontando il passo di Roncisvalle, ripercorrendo
gesta e miti dei paladini di Carlo Magno.
A questi itinerari principali, ormai consolidati percorsi europei, si
collegavano altre strade di importanza sempre più rilevante, non
solo storica ma economica e sociale.
Da Aquisgrana si dirama la "Niederstrasse" che raggiungeva Bruxelles,
Amiens e confluiva a Parigi nella via Turonense.A sud, dal Santuario di
Einsielden, attraverso Berna, Losanna, Ginevra, Chambery e Valence, correva
la "Oberstrasse", che confluiva nella via tolosana a Saint Gilles. I pellegrini
italiani, e quanti da oltremare raggiungevano le nostre coste, percorrevano
due principali direttive. La "via delle Alpi", da Milano ad Avignone,
attraverso Novara, Vercelli, Torino, Susa, il Monginevro e Briancon. Oppure
la "via costiera", che ugualmente conduceva ad Avignone percorrendo, lungo
la via Aurelia, il litorale ligure.
Da Sud, i pellegrini si immettevano in queste arterie seguendo i tracciati
della "via francigena", la strada che conduceva a Roma i devoti provenienti
dal Nord e dall'Ovest, e che attraverso Siena, Lucca, Fidenza, Piacenza,
Pavia, conduceva al passo del Gran San Bernardo. Da Est, provenendo dalle
coste adriatiche e dai Paesi oltre i Balcani, si percorreva la via Postumia.
Il pellegrino intraprendeva il lungo viaggio ricalcando l'esempio e la
tradizione dei predecessori, quasi ripetendo, nei simboli, nei gesti e
nelle usanze, un dettato di percorso che consentiva tuttavia libertà
di fede, suggestione e maturazione culturale. Il viaggio conduceva a incontri
di nazionalità, lingue e tradizioni diverse, contatti e rapporti
agevolati nella comunanza di devozione e avvicinanti oltre le diversità
etniche e culturali. Tradizioni, racconti, miti e leggende si intrecciavano
nelle esperienze di viaggio e ognuno ne diveniva poi portatore e testimone,
propagatore ad altri nell'intensità del messaggio. La solidarietà
e la comunanza del percorso inducevano alla comunità e frantumavano
barriere e limitazioni di provenienza. Intorno alle vie del pellegrinaggio,
nascevano ostelli e ospizi, monasteri e ospedali, chiese e mercati, proliferavano
attività commerciali e si moltiplicavano i luoghi di culto. Una
civiltà caritatevole e solidale, poi organizzata e strutturale,
costellava le tappe del cammino e affiancava alla connotazione religiosa
l'articolazione sociale sempre più urbanistica e moderna. Il tracciato
che anticamente si definiva "iter Sancti Jacobi" e divenne poi "Camino
de Santiago", si tramutava nel percorso europeo di incontro, interscambio,
comunicazione e informazione che preludeva, con anticipazione secolare,
al dialogo e alla collaborazione tra le genti. Ma la proliferazione commerciale
e produttiva attorno al cammino di Santiago non connotava solo utilità
d'aspetti economici ma fungeva quale continuo incremento di conforto e
sostegno al pellegrino che, nei secoli, da oltre dieci secoli, percorre
il tragitto nella devozione di una scelta e nell'attesa di un incontro.
Il misticismo del cammino consiste certamente nella motivazione personale
e propria ma si arricchisce poi, sicuramente e ancora oggi, nella consapevolezza
di milioni di precursori, di ideali compagni di viaggio in un percorso
irto di difficoltà e pericoli, tanto più ripercorrendo a
ritroso il tempo, ma parallelamente vivo di suggestioni naturali, di libertà
interpretativa, di assolutezza del sogno, nelle immagini e nell'immaginazione,
nella tradizione narrata e letteraria di gesta epiche, miti e leggende.
L'iconografia classica tramanda l'immagine del pellegrino vestito di
un grande mantello, alla cinta una zucca secca e svuotata come borraccia,
scarpe robuste, un cappello a falde larghe, per il sole come per la pioggia,
un lungo bastone, il "bordòn", per reggersi nei punti più
scoscesi del percorso come per difendersi da serpi, cani, lupi e malintenzionati.
E la conchiglia, simbolo del pellegrino, corrispondente comunicazionale
del medesimo emblema che esponevano ostelli e rifugi a indicare ospitalità
e ristoro al viaggiatore.
Oggi il pellegrino conosce l'iconografia classica anche se muta l'abito.
Ancora percorre lunghi tratti a piedi, oppure in bicicletta, oppure a
cavallo, come prescrive anche la regola liturgica per la concessione dell'indulgenza,
che nei tempi conobbe varie distinzioni e gradi e che è plenaria
con prerogative speciali per il Cammino di Santiago, poiché l'Anno
Santo ricorre ogni qualvolta la festa di San Giacomo, 25 luglio, cade
nel giorno di domenica. Ancora oggi, mille anni oltre il primo pellegrinaggio,
quelle strade sono percorse dai devoti che giungono da ogni parte del
mondo, dotati dei migliori strumenti ma ancora rivolti alla contemplazione
della Via Lattea che si diceva finisse a Finisterre, capaci di comunicare
mediante le più sofisticate tecnologie ma determinati soprattutto
a riscontrare risposta nel più semplice spartito dell'umanità:
fede, convinzione o suggestione del proprio animo.
Mille testimonianze, prima leggendarie e poi storiche, si susseguono
a tracciare l'importanza del Cammino di Santiago. Due o tre le citazioni,
per sintesi e per chiarezza, a conclusione di un cammino lungo il "Camino
de Santiago". Dante Alighieri, nella Vita Nova, scrive "Peregrini si possono
intendere in due modi, in uno largo e in uno stretto: in largo, in quanto
è peregrino chiunque è fuori de la sua patria; in modo stretto
non s'intende peregrino se non chi va verso la casa di sa'Iacopo o riede.
E però è da sapere che in tre modi si chiamano propriamente
le genti che vanno al servigio de l'Altissimo: chiamansi palmieri in quanto
vanno oltremare, là onde molte volte recano la palma; chiamansi
peregrini in quanto vanno a la casa di Galizia, però che la sepoltura
di sa'Jacopo fue più lontana de la sua patria che d'alcuno altro
apostolo; chiamansi romei in quanto vanno a Roma ..." testimoniando, ed
è fonte rilevante, la caratura e il radicamento storico religioso
del Cammino di Santiago. E, con il repentino balzo dalla profanità
alla sacralità religiosa, Giovanni Paolo II, nel 1982, a Santiago
de Compostela, dinnanzi a migliaia di fedeli, disse: "lancio a te, da
Santiago, vecchia Europa, un appello ricco d'amore: per ritrovarti, per
essere te stessa. Per ritornare alle tue origini e rivivere quei valori
che resero gloriosa la tua storia..." E nelle parole del Papa correvano
mille anni di storia che appartengono al culto di San Giacomo, ai pellegrini
devoti ma anche alla storia d'Europa che si incontra e si fonda intorno
e lungo le strade della civiltà oltre le dogane della provenienza
e della nazione. Infine, per concludere con la semplicità dell'uomo
della strada, perch lì si incontra il pellegrino e lì si
incontrano storia, religione, diversit etniche e politiche, sociali e
culturali, ma lì si incrociano le genti e le doti personali divengono
comunità, una testimonianza semplice e vera, una frase pronunciata
con la spontaneità sincera del grande insegnamento: "Dios me diò
mas de lo que como", Dio mi ha dato più di quello che mangio. E'
questa l'espressione schietta, autentica nella sintesi e nella forma,
di un contadino che ci offriva ospitalità e che insisteva, dinnanzi
alla nostra ritrosia timida, per offrirci ristoro nella sua casa. Quando
domandammo perché e come mai fosse così disponibile e tanto
aperto al prossimo, lui aprì un grande argomento in poche parole:
la fortuna di avere molto, la necessità morale di condividerlo
con altri. Ulteriore insegnamento del Cammino di Santiago.
Prima di raggiungere la meta, il sepolcro del Santo, il luogo più
vicino all'intensità di culto e di preghiera, prima della sacralità
dei luoghi e della sedimentazione di storia e religione, il cammino anima
gli incontri dell'umanità. Radicata nella geografia, nel tempo,
nell'itinerario dell'uomo. Come se la ripetizione del gesto, percorrere
quelle stesse strade, avesse fermato il calendario per sancire una realtà
senza data.
Domenico Giuffré
English version
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